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Remember that is November.

Il titolo è in inglese perché mi piace il suono che le parole hanno.

Ma parliamo di novembre, mese funesto. Mi chiedo il perché ogni anno il primo di novembre. Quando avevo 6 anni ho rischiato la morte o il mutilamento nel mese di novembre; negli anni passati novembre significava buio e troppi pensieri adolescenziali nella mia mente adolescenziale. Non ho un ricordo preciso di quando ho preso coscienza della tragicità del mese di novembre ma so che accadde.

Nel novembre del 2008 stava per prendere fuoco la casa.

Novembre 2009 fu il novembre peggiore; iniziò con un lutto e finì con una triste notizia. Nel bel mezzo di novembre realizzai che ero innamorata di un lui altamente drammatico. Le situazioni da quel momento in poi furono a dir poco tragiche e teatrali. Eravamo dei perfetti registi e la colonna sonora scelta da entrambi rendeva il tutto perfetto. 

Vedo scritto 2009 e realizzo che sono passati 2 miseri anni da allora.

Novembre 2010 riuscì ad apportare cambiamenti senza distruggere; con molta calma e serenità ho detto addio alla carne.

Caratteristica di novembre è proprio quella di apportare cambiamenti, cosa notoriamente positiva, se non fosse per il fatto che ha la tendenza ad apportare questi cambiamenti in maniera assai burrascosa.

Il cambiamenti ha iniziato a farsi sentire già da ottobre. Che sia la consapevolezza dell’imminente cambiamento e rendere questo novembre spaventosamente pacato o è questa la proverbiale calma prima della tempesta?

A.M.C

 

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Situazione Da Camerino: ovvero cosa accade in un camerino di prova di Zara.

Oggi sono andata a cambiare una maglia che mi è stata regalata pochi giorni fa in quanto mi andava troppo giusta e i vestiti troppo giusti mi danno fastidio. Sono così stata costretta a mettere piede nel camerino per provare la maglia così da non rischiare di cambiare una maglia che mi va giusta per una che mi va abbastanza giusta quando io voglio una maglia che mi vada larga.

Scelgo la maglia e vado nel camerino, cosa che non mi capitava di fare da un bel po’ semplicemente perché ho deciso di non acquistare più vestiti per un periodo X di tempo a meno che io non ne abbia davvero bisogno.

E così che prende vita la mia Situazione Da Camerino; la luce mi inonda e molteplici me cominciano a comparire.

La SDC consiste in me protetta da una tendina o porta costretta a fissare il mio viso riflesso in questi specchi enormi perfettamente puliti sotto le luci perfettamente bianche; specchi che dentro il camerino aggiungono qualche chilo e specchi che fuori dal camerino slanciano la figura. Però fissando per forza il mio viso riflesso non posso non notare il trucco sbavato, il capello fuori posto, le sopracciglia che crescono e i punti neri o quel piccolo brufolo che tende a rigenerarsi ogni mese con minuziosa scrupolosità. In quel momento una forza mi costringe a pacioccarmi i punti neri e affini. La luce è perfetta, sono in un momento di privacy e ho tutti i difetti del mio viso su un piatto d’argento, cos’altro fare se non pacioccarsi le impurità delle pelle?

Ma oltre all’ultimo fatto menzionato è in quel momento un domanda prende vita nella mia testa: perché questa luce bianca abbagliante? perché non una luce soffusa e meno invadente? perché ogni volta che entro in un camerino devo lottare contro la voglia di schiacciarmi un brufolo, sebbene questa pratica sia sconsigliatissima da tutte le mamme del mondo e io ne sia perfettamente consapevole, invece di pensare a quanto mi sta bene questa nuova maglia così simile a quella maglia di quella grande casa di moda?

L’unica ragione plausibile che mi viene in mente è la seguente: la luce mette in mostra sia difetti miei, ma anche del vestito, sia pregi indi per cui io vedendomi bene sotto questa luce bianca accecante avrò la tendenza a comprare questa maglia Made in Bangladesh per rimediare alla tristezza provocatami dal vedermi “brutta”.

Vorrei una risposta.

Forse avrò la risposta una volta finito il corso di marketing e comunicazione d’impresa chissà!

FIno ad allora continuerò ad uscire dai camerini con macchie rosse in viso.

A.M.C

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Il perché della mia avversione verso Halloween 2011.

Quest’anno Halloween mi lascia indifferente non procurandomi alcuna ansia quale dove andare e cosa mettere e chi ci sarà e fuori fa freddo e c’è la nebbia e non ho molta voglia ma dolcetto o scherzetto e ehi sono giovane devo uscire e conoscere altri giovani (tzè, come se fossi capace a socializzare); in poche parole quest’anno di Halloween a me batte il cazzo.

Forse la voglia di festeggiare mi manca un po’ perché non ho ancora realizzato che è ottobre (cioè siamo già passati all’ora solare cosa che ha scombussolato tantissimo il mio orologiaio interno) un po’ perché sento di aver passato la fase in cui dovevo fare per forza di cose qualcosa per la festa X.

Sono sicura però che Halloween 2010 ha a che fare con la totale apatia che mi ha colpito quest’anno in relazione alla festa degli zombie viventi.

Ho pochi ricordi della festa dello scorso anno. Al tempo ero in Polska per il mio anno sabbatico; ricordo che abbiamo iniziato la serata a casa. Avevo deciso di vestirmi da arcobaleno disegnandomi delle linee colorate sulle guance mentre la mia coinquilina aveva optato per il costume da gatta; una gatta un sacco figa. Avevamo deciso di rallegrare la serata bevendo noi due un’intera bottiglia di vodka nel giro di un’ora, decisione non saggia da parte mia in quanto la mia coinquilina era ucraina e in questo caso valeva il cliché della ragazza dell’est che beve e nulla accade. Nel tragitto verso la festa ci siamo fatte foto con sconosciuti alla fermata del pullman, abbiamo gridato e riso rumorosamente e barcollando, ero io quella che barcollava non la mia coinquilina, lei sinuosa come una gatta correva sui tacchi con una grazia felina, siamo arrivate alla festa.

Tutto ciò che scriverò da qui in poi è frutto di sfuocati ricordi, foto scattate a caso e racconti di altri.

Arrivate alla festa ho mangiato un bel po’ di jelly shots, ovvero vodka sotto forma di gelatina in questo caso al gusto di ciliegia, e apparentemente anche del sushi. Perché ci fosse del sushi e perché io l’abbia mangiato rimane un mistero. Dalle foto di quella sera posso dire che ho abbracciato molte persone persone a caso(leggi sconosciuti), e nelle foto c’è un evidente tentativo di sorridere e mettermi in posa con la grazia di una ragazza che sta per vomitare da un momento all’altro.

Sì, lo so, non è una cosa bella da dire ma è ciò che ho fatto per il 60% della mia serata.

Ho Vomitato L’Anima.

In bagno, sulla porta del bagno, addosso una giacca, in un cestino, fuori dal locale nell’angolo sulla sinistra, nel lavandino e mi fermo qui.

Ricordo la mia cara coinquilina che mi mette la giacca addosso e decide di portarmi a casa. Ricordo anche la sua voce mentre mi ripete di non vomitare se devo perché siamo sul treno e non posso vomitare sul treno e cazzo non vomitare che la prossima fermata è la nostra. Ricordo benissimo l’aria gelata appena scese dal treno e la mia brillante idea di togliermi le scarpe perché avevo male ai piedi. Ci aspettavano venti minuti di camminata; a sette minuti da casa sono salita su un taxi.

Il seguente ricordo che ho è qualcosa che raccontato a voce fa davvero ridere: mi sveglio alle cinque del mattino con la paura di dover nuovamente vomitare, quindi memore del fatto che la pasta scotta al tonno è il mio rimedio post-sbronza preferito decido di farmi questa pasta al pomodoro e tonno. Taglio pomodorini, faccio un soffritto di cipolla, scopro che il tonno manca, mi maledico per la mancanza di tonno, butto la pasta nell’acqua, aspetto che la pasta diventi molle e scotta. Il tutto in cucina con la luce accesa e con solo le mutande addosso. Dettagli: in Polonia non si usano le serrande e il mio secondo coinquilino era un ragazzo turco.

Il giorno dopo devo aver pensato che non toccherò mai più vodka.

Mmmmsì.

Un anno dopo l’idea del gusto della ciliegia mi fa venire la nausea.

Io domani sera sto a casa.

Buon Halloween.

A.M.C

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Sentirsi ed essere bionda.

Sono bionda.

Essere Bionda è una vocazione un modo di essere e un mondo che ho tradito di recente.

Settembre arrivò e decisi di essere coraggiosa e puntare sul rosso. Immaginavo una chioma ramata con riflessi carota ma ciò che ebbi non fu che un’illusione dolorosa che mi portò per la prima volta in vita mia a vedermi scura. Non ero più bionda fuori. Il rosso egiziano sbiadì naturalmente a forza di impacchi di olio di mandorle; non riuscivo a capacitarmi di questa massa di capelli scuri che mi sormontava la testa; rossi sì ma scuri. Il rosso non faceva per me perché la differenza di tonalità fra capelli e sopracciglia mi ripugnava sempre di più, il rosso non mi permetteva di intrecciare i capelli nella tanto amata treccia olandese che sui capelli biondi gridava “Ciao Ucraina!” per la seguente ragione: il rosso si nota subito quindi aggiungere le trecce “Ciao Ucraina!” significa trasformarsi all’istante in un semaforo ferma sguardi il che può andare bene ma il mio Ego già di per sé spropositato regge solo una certa quantità di sguardi.

Il rosso non mi dava il permesso di essere me stessa.

Durò un mese.

Ottobre mi vede castana con ovvi riflessi rossi. Sì mi mette in risalto la pallida carnagione, sì mi mette in risalto i gialloverdi occhi, sì mi permette di fare le trecce “Ciao Ucraina!”, sì non c’è stacco evidente fra colore dei capelli e colore delle sopracciglia. Sì può andare ma non per questo va bene.

Io sono bionda. Il mio mondo è biondo. Tutti i vestiti che ho sono vestiti che una ragazza bionda indosserebbe. I miei occhi passano in secondo piano da bionda e va bene così.

Sono bionda dentro e mi manca essere chiamata “Bionda”. Odio dover precisare che il mio comportamento è dato dal mio essere nel profondo bionda. Odio dovermi presentare agli sconosciuti come A. a.k.a Bionda inside.

Voglio al più presto tornare bionda in quanto continuo a non venire presa sul serio nemmeno da castana e non si crede alla possibilità nemmeno da lontano che io possa aver ragione sebbene il colore della mia chioma sia scuro.

Forse allora le persone vedono la bionda che c’è in me dimostrandomi così che c’è speranza, per loro.

A.M.C

 

 

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Istantanea della mia vita oggi

Sì, vorrei descrivere la mia vita in questo preciso istante. Come istante intendo periodo di vita e non istante vero e proprio poiché se così fosse verrebbe fuori una cosa del genere: ho addosso il pigiama e calze con le dita scomodissime dalla texture cotone misto sintetico, sono sotto le coperte e mentre scrivo sorseggio del vino perché la giornata appena trascorsa mi ha fatto schifo dal punto di vista umano.

L’istantanea che vorrei scattare è più profonda, più mentale e per questo pullulante di seghe mentali.

Essendo questo un periodo pieno di cambiamenti nella routine ma non solo credo sia normale vedere cambiamenti all’orizzonte. Cambiamenti portati dal crollo di certe mie certezze profondamente inculcate nella mia persona; per esempio la certezza e/o mantra che mi porto dietro e ripeto da anni cioè “Quality before quantity.” è prossima al crollo all’eliminazione e alla totale disintegrazione. So questo perché ultimamente il mio comportamento è stato anomalo dal punto di vista sentimentale (e uso questa parola per dare un’idea della cosa sebbene io creda che la parola più adatta sia “ormonale”), trovandomi ad agire in modi a me nuovi e da un certo punto di vista curiosi. Sentire dire la seguente frase “La qualità la si trova nella quantità.” è stato come ricevere la cannonata finale che credo in modo fermo porti al crollo completo ma lento della torre di stronzate che mi sono costruita nel tempo per proteggermi. Sincronicità.

L’ultima volta che apportai dei cambiamenti fu un vero casino psicologico; questo forse perché furono apportati contro la mia volontà e in maniera assai forzata e tragica. Ma già allora ero convinta del beneficio di questi cambiamenti.

Sono quindi positiva per quanto riguarda i prossimi mesi sebbene oggi abbia avuto la giornata di odio verso il genere umano, giornata che mi concedo una volta alla settimana. Iniziare la settimana così é stato un disastro sia dal punto di vista socievole che da un punto di vista del lunedì quindi ho poco da stare positiva ma per usare un modo di dire di  una mia amica: “Mandi!”.

A.M.C

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